Da una delle maggiori tradizioni italiane, di certo tra le maggiori a livello mondiale, quella del combattimento con il coltello che grazie al contributo dei numerosissimi metodi regionali, durante la guerra contro l’impero degli Asburgo e loro alleati, nell’ esercito italiano furono creati speciali reparti d’Assalto, gli Arditi, particolarmente addestrati nel combattimento con il pugnale e proprio per questo furono il terrore, degli austriaci, ungheresi, tedeschi ecc., come bulgari e le bande ribelli in Albania e in Libia.
I primi Reparti d’Assalto, gli Arditi, vennero formati ufficialmente il 26 giugno del 1917 a Subida (o a Pradis, gli storici sono discordi), vicino a Cormons in Friuli. Ma è con la nuova Scuola Reparti d’Assalto, ufficializzata il 15 luglio e situata a Sdricca di San Giovanni di Manzano nei pressi di Udine che i membri di tali reparti avranno un intenso addestramento, in particolare nel combattimento col pugnale. Da qui proverranno pure quegli ufficiali che addestreranno poi nuovi reparti in altri luoghi. In questa sede il 29 dello stesso mese, alla presenza del re Vittorio Emanuele III di Savoia, venne ufficialmente riconosciuto il I° Reparto d’Assalto composto da tre compagnie. Inoltre il re si pronunciò sull’uniforme da adottare, decidendone il modello. Questa uniforme era stata studiata dal capitano Bassi e risultò, rispetto a quella in uso nel regio esercito, estremamente pratica e funzionale. Era costituita dalla comoda giacca in panno grigioverde da bersagliere ciclista, ma con colletto completamente aperto e con il bavero rovesciato. Tale foggia permetteva così di muoversi agevolmente, correndo, saltando, nel lanciare bombe a mano e soprattutto nel combattimento individuale. Sul colletto erano applicate le mostrine nere a due punte con stelletta (Fiamme nere). In seguito succederà che formandosi reparti d’assalto con elementi tutti provenienti da una determinata specialità della fanteria, come bersaglieri o alpini, questi manterranno le mostrine originarie, cremisi i primi e verdi i secondi, assumendo così la denominazione di Arditi Fiamme cremisi o Fiamme verdi. Il distintivo della specialità venne applicato sulla manica sinistra della giacca; era, per la truppa, in filo nero su stoffa grigioverde e si componeva di un gladio romano con il motto di casa Savoia “FERT” sull’elsa, disposto entro un serto di alloro e quercia. Le restanti parti dell’uniforme erano: maglione a collo alto grigioverde (inizialmente nero) da bersagliere ciclista (poi sostituito da una camicia di flanella a colletto rovesciato, sempre grigioverde, con cravatta lunga grigioverde); pantalone da truppe da montagna mod. 909, fasce mollettiere o calzettone, mantellina. Come copricapo si sceglierà il fez dei bersaglieri, ma in feltro nero con cordellina e fiocco.
Armamento ed equipaggiamento erano costituiti: dalla sola cintura di fanteria, da un tascapane portato a tracolla e contenente le bombe a mano (SIPE, Carbone, Besozzi, laBallerina, Thevenot P2, il petardo PO ecc.), dal moschetto di cavalleria mod. 1891 TS e dal pugnale. Quest’ultimo, un’arma bianca che era stata da molto tempo dimenticata nell’uso militare, venne riadottata perché risultò essere l’unica arma efficace nel combattimento individuale, specialmente in una angusta trincea. Il pugnale più noto dato in dotazione agli Arditi derivò, per necessità imposta dagli eventi bellici, da una riconversione delle giacenze di baionette per il fucile Vetterli Vitali 1870-’87, inadeguate ormai all’impiego nel combattimento che si stava conducendo. Da questa baionetta vennero ricavati due modelli di pugnale, anche il fodero venne adattato per tali armi. Altre baionette furono trasformate in pugnali: austriache di preda bellica o del moschetto mod. 1891 TS. Gli Arditi godevano comunque di una certa libertà nell’armamento e potevano usare pugnali diversi (quelli portati dagli ufficiali e graduati erano spesso modelli personali), molti infatti preferivano adoperare i pugnali catturati al nemico, in particolare quelli dei reparti ungheresi dell’esercito Austro-Ungarico.
Fu nella Scuola Reparti d’Assalto, a Sdricca di San Giovanni di Manzano che si stabilirono i criteri di addestramento, specialmente nel combattimento individuale. Paolo Giudici (1928) riferisce. Oltre a tutti gli esercizi ginnastici fino ad oggi conosciuti, Manzano ebbe una scuola di lotta giapponese, scuola di scherma colla sciabola, con la baionetta, col pugnale, col bastone, col petardo, scuola di ciclismo, di equitazione, di nuoto, di alpinismo. Mario Carli (1919) invece ricorda. Le loro esercitazioni avevano sopra tutto carattere di ginnastica di guerra. Li addestrava un ginnasta di vedute pratiche e moderne il capitano Racchi (autore di Ginnastica militare, Parma 1896 e Roma 1918). La preparazione per il combattimento individuale comprendeva la difesa personale a mani libere, derivata dal ju-jitsu giapponese. L’istruttore era il capitano Giovanni Racchi che aveva popolarizzato certe forme di ju-jitsu che meglio si adattavano al tipo di guerra degli Arditi. Infine il maneggio del pugnale e Mario Carli riferisce che tale scherma di pugnale fu pure iniziata allora. Paolo Giudici, descrivendo gli Arditi in addestramento, riporta in termini enfatizzanti. Qua fantocci imbottiti di paglia contro cui gli Arditi si esercitano a immergere le lame dei pugnali: ritte le chiome, dilatato l’occhio, urlante la gola, il viso trasfigurato, l’Ardito si slancia e l’acciaio penetra furibondo sul nemico fittizio, dalla parte del cuore. Angelo Gatti (s.d.) invece riferisce.
Ognuno vanta il suo colpo di coltello, e sperimenta il modo migliore per togliere di mezzo l’avversario. La destrezza raggiunta nella scherma del pugnale dagli Arditi faceva ideare pericolosi giochi di abilità; Mario Palieri (s.d.) riferisce che uno di questi era il lancio del pugnale: un Ardito si poneva sull’attenti appoggiato ad una porta di legno. Alcuni compagni a turno lanciavano, contro il paziente, all’altezza della sua testa, il pugnale che andava a conficcarsi nella porta. Quell’Ardito che riusciva a mantenere immobile la testa, o a piegarla quel poco che bastasse per non essere colpito, era considerato il più coraggioso!!! Gli istruttori di scherma col pugnale erano diversi e vari erano i loro metodi, questo originato da una vasta tradizione civile che molti adattarono al combattimento militare, poi si volle unificare l’insegnamento e per questo il tenente Gino Gobbi, pubblicò un manuale edito per il XXIX° Corpo d’Armata: Scherma di pugnale per gli Arditi, senza luogo di edizione e anno, ma certamente nel 1918. L’opera poi sarà ripubblicata pure senza l’autore, solo con il titolo e distribuita ai Reparti d’Assalto. I reparti d’assalto furono operativi fino al dicembre del 1918, momento nel quale vennero congedati per il termine della guerra.